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 Le piante aromatiche della macchia mediterranea

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Inserito il - 23 novembre 2008 : 12:34:06  Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia
LE PIANTE MEDITERRANEE:
IL LORO USO NELLA STORIA TRA MEDICINA, CUCINA E LEGGENDA


Il gesto di raccogliere una bacca o un'erba è stato probabilmente il primo, il più elementare ma il più utile per la sopravvivenza dell'uomo: in epoca preistorica, prima della scoperta del fuoco che ha aperto all'uomo nuovi "orizzonti culinari", i frutti selvatici hanno costituito infatti la base dell'alimentazione umana. Anche in epoche successive, quando l'agricoltura ha permesso di risolvere molti problemi alimentari, sono rimasti per lungo tempo un complemento validissimo ed insostituibile. Anche se per noi, alle soglie del Duemila, l'azione è scontata, la scelta che induce al gesto della raccolta deve essere ricca di conoscenza. Conoscenza che, agli albori della vita, doveva essere forzatamente limitata al fatto che un'erba o una bacca fosse buona o cattiva da mangiare. Poi l'uomo, osservando gli animali che si cibavano di determinate piante quando stavano male, avrà  cominciato a discernere le prime piante medicinali. Poi avrà  sperimentato selettivamente l'uso di altre piante, arricchendo, col passare dei secoli, le proprie conoscenze in materia.
Oggi, l'andar per boschi o per macchie alla ricerca di frutti è soltanto un divertimento e non certo una necessità  di vita. Cerchiamo però di mettere luce su come alcune piante sono state usate - e potrebbero essere ancora oggi utilizzate - nella cucina ma anche come rimedio naturale a molte malattie.

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Inserito il - 23 novembre 2008 : 12:34:35  Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia
LENTISCO (PISTACIA LENTISCUS)


Fiori maschili di lentisco
Le piante aromatiche della macchia mediterranea

Il lentisco è una delle specie più tipiche della macchia mediterranea. In Italia è diffuso lungo tutte le coste, tranne in quelle più fredde dell'alto Adriatico. E' un piccolo albero sempreverde, alto fino a 5-6 metri, dal caratteristico odore resinoso.
Il lentisco è stato utilizzato dall'uomo per usi molteplici. Il prodotto più noto è la resina, detta "mastice di Chio", perchè la sua produzione era molto abbondante nell'omonima isola greca: veniva utilizzata come gomma americana, e in associazione con la salvia, come dentifricio. In seguito la resina è stata usata come astringente, come eccipiente di profumi e pomate e come profumo da bruciare. Ancor oggi è apprezzata per le sue proprietà  balsamiche. Le foglie - alterne, composte da 2-5 coppie di foglioline di colore verde chiaro e lucide - erano usate per colorare le stoffe di giallo e contengono quantità  elevate di oli essenziali, in piccole vescicole. Queste, se spezzate da qualche animale intento a provare il sapore della pianta, liberano forti odori tanto da disgustare il malcapitato. I frutti - piccole drupe rosso scuro al cui interno vi è un seme di colore verde brillante a forma di lenticchia (da qui il nome lentisco) - si conservavano nel sale, all'epoca romana, e servivano per aromatizzare le carni. Dal seme, invece, si ricava per pressione un olio, un tempo usato sia nell'alimentazione - risulta però molto amaro - sia per l'illuminazione - illuminava le lanterne romane. Il seme può essere mangiato anche integro, come se fosse un pistacchio, appartenente allo stesso genere del lentisco.
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Inserito il - 23 novembre 2008 : 12:34:59  Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia
BIANCOSPINO (CRATAEGUS MONOGYNA)


Fiori di Biancospino
Le piante aromatiche della macchia mediterranea

Il biancospino è un arbusto cespuglioso e spinoso frequente in tutta Italia, fino a 1000 m di altitudine. Di rapida crescita, il biancospino forma barriere pressochè impenetrabili, quando viene piantato fitto e mantenuto basso. In passato i campi erano cintati con arbusti di questa pianta, formando delimitazioni con cui i proprietari terrieri circondavano i loro appezzamenti di terreno.
Il biancospino è noto fin dai tempi dei Greci, i quali si servivano dei rami forti per adornare gli altari durante le cerimonie nuziali. Il nome latino Crataegus pare sia stato dato alla pianta dall'antico scienziato greco Teofrasto e deriva dal termine kratos, che significa forza, a motivo della durezza del legno e dell'impressione di forza che sprigiona dall'intera pianta. Le leggende cristiane, per il candore dei suoi fiori, lo hanno associato al culto della Vergine. In Francia si crede invece che il biancospino, colpevole di aver fornito la corona di spine per il martirio di Cristo, nel giorno del Venerdì Santo emetta gemiti dal tronco. Nell'antica Roma il fiore veniva usato nei matrimoni, come augurio di felicità  e prosperità  e fiore che protegge i bambini nelle culle, mentre nel Medioevo diventa pianta che porta malasorte, se i suoi rami si portano in casa. In Bretagna invece viene messo a crescere accanto alle case per allontanare i fulmini. Ad alimentare le superstizioni negative però è stato il caratteristico odore che alcuni definiscono di mandorle amare dei suoi fiori, ma che per altri è odore di pesce marcio o peggio "odore della peste". In effetti nell'essenza di biancospino è presente un componente chimico, la trimetilamina, che è quella presente nella materia in decomposizione. Gli insetti che si cibano di questa, infatti, sono gli stessi che visitano, per impollinarli, i fiori del biancospino.
I fiori - piccoli, bianchi, raccolti in infiorescenze -, i frutti - pomi polposi, di colore rosso corallo - e la corteccia hanno proprietà  sedative e cardiotoniche; l'infuso dei soli fiori è prodigioso per la cura preventiva dell'arteriosclerosi (una tazza di infuso ogni sera dopo i pasti e prima di andare a letto prolungherà  letteralmente la vita al bevitore); i fiori in bocciolo possono essere conservati sott'olio come i capperi; i frutti hanno virtù astringenti, sono farinosi ed insipidi ma sono molto graditi agli uccelli (tordi e merli); l'uomo può cibarsene senza pericolo: solo se ingeriti in gran quantità possono dare lievi disturbi di natura intestinale. In tempi più poveri venivano ridotti in farina o si mescolavano alla pasta del pane. Altrimenti, in molte regioni, se ne ricavava un vino di bassa gradazione alcolica, ma molto apprezzato. Il suo legno è stato usato prevalentemente come combustibile.
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